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      L'ellenismo, incivilitore del mondo, invase e fecondò tutti i popoli, e divenne, come col suo presentimento ben comprese il vincitore di Pidna, la civiltà dell'evo antico morente. La forza della vita nazionale era talmente venuta meno al popolo greco, che un intelligente testimone oculare delle sue ultime lotte, Polibio, arrivò alla terribile confessione: "se non fossimo andati rapidamente in rovina, noi non saremmo stati salvati".
      Fra tanto tumulto di popoli cadenti, solo Roma eccelleva col suo stato perfetto: la missione del Romano era veramente populos imperio regere. Anche l'antica forma nazionale della civiltà romana era inaridita da tempo, tanto che sotto Cesare un ramo straniero latinizzato, quello dei Galli cisalpini, conservava la romanità più fedelmente della stessa metropoli. Principiò anzi ad appassire il vigore fisico dei romani. La capitale, secondo che più tardi la descrisse Dionigi di Alicarnasso, era già da gran tempo la più sociale di tutte le città, la più internazionale. Vi affluivano uomini di tutte le lingue, e accanto ai simulacri degli dèi latini era venerato il dio egizio dalla testa di cane. La cultura greca, i costumi e i malcostumi dell'oriente ellenizzato dominavano la città dominatrice del mondo. Se la massa caotica dei paesi depredati dai romani avesse voluto organarsi in un impero, tutti i popoli avrebbero dovuto intendersela tra loro nelle "nostre due lingue", avrebbero dovuto saziarsi di cultura grecoromana e connettersi insieme nell'identico ordinamento dello stato romano.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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