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      Lo storico troverà con poca fatica anche nella vita politica gli effetti duraturi di quegli anni turbolenti: le voglie anarchiche del tempo della Rivoluzione, le abitudini dispotiche dell'impero, e, sopra tutto, gli odi irreconciliabili dei vecchi partiti.
      Con tutto ciò non è impossibile, che i nostri vicini siano per ripigliare le forze e buttar via la trista eredità dei vecchi tempi. Con una vitalità inesplicabile, la nazione ha superato scosse spasmodiche che avrebbero annientato la più parte degli altri popoli; le sue condizioni economiche sono oggi incomparabilmente più favorevoli, la sua moralità forse non peggiore che sotto l'antico regime (giacché in questioni così delicate un popolo giustamente non deve essere raffrontato che con sé stesso). L'amore al lavoro è tuttora intatto come al tempo antico. Anche quel difetto nazionale, di cui si servono gli avversari per dimostrare l'incorreggibilità dei francesi, ossia la smania irrequieta della novità, appare allo sguardo penetrante sotto un'altra luce, non appena si riconosca, che questo popolo instabile conserva i suoi più importanti costumi politici con una immobilità quasi priva di pensiero; che lo stato francese in cinquant'anni si è mutato meno, che non abbia mai fatto in pari tempo la cosa pubblica di ogni altro popolo civile. Non c'è dunque ragione di disperare interamente della forza politica dei francesi; salvo che solo la gente leggera può aspettare per un prossimo avvenire l'avviamento dello stato alla libertà costituzionale.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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