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      Una gran parte del mezzo ceto della campagna doveva la propria esistenza alle leggi sul diritto di successione ereditaria e sulla divisibilità dei beni fondiari; e nessun lavoratore intendeva di rinunziare alla speranza di acquistare un poderuccio come frutto delle sue fatiche. Le vedute democratiche della società moderna, la distribuzione della popolazione tra la città e la campagna, in una parola, molti dei più importanti principii sociali su cui riposava la nuova Francia, erano connessi a queste leggi. E presentemente ogni persona imparziale ritiene per fermo, che i gravi mali di cui soffre l'agricoltura francese non sono in alcun modo cagionati dalla libertà di movimento della proprietà fondiaria. Proprio su cotesti problemi profondamente gravi si contorse il pugno grossolano del partito degli emigrati, il quale propugnava i beni chiusi, e infine arrischiò una proposta di legge sul privilegio della primogenitura. La proposta cadde; si ottenne solo la protezione del maiorascato. Ma il tentativo rimase memorabile; e non fu possibile dissuadere i contadini, che la nobiltà mirasse a ripristinare gli antichi diritti e servitù feudali.
      La borghesia benestante, il cui aiuto aveva reso possibile il ritorno dei Borboni, si vide duramente offesa dall'alterigia degli emigrati, e si vide preclusa la carriera degli uffici dal nepotismo nobilesco: anche il più importante dei suoi diritti politici fu minacciato dal progetto che più stava a cuore ai legittimisti, quello di legare il diritto elettorale al possesso fondiario.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Francia Borboni