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      E poi, quale si fosse l'indegnità del vinto, non era forse una figura toccante, che trascinava irresistibilmente la fantasia del poeta, quella dell'uomo incarcerato iniquamente, del prigioniero di milioni di uomini, di questo Prometeo incatenato alla rupe, al quale l'avoltoio britanno lacerava il fianco? Non appena Béranger fece dire all'imperatore "Io sono il Dio del mondo" e celebrò le aquile, compianse i misconosciuti eroi di Austerlitz e gridò il suo angoscioso adieu donc, pauvre gloire! che una voce si aggiunse subito all'altra, finché il coro pieno dei poeti francesi cantò la gloria dell'imperatore. Un solo tra i nuovi poeti rinomati della Francia resisté a tale tentazione (sia permesso di accennare qui anticipatamente alla letteratura della monarchia di luglio). Domandiamoci che cosa voglia dire per la Germania il fatto, che Schiller non abbia condotto a compimento il disegno della sua Fridericiade, e misureremo ciò che significa l'immortalità poetica di Napoleone. S'intende bene come Victor Hugo, a posto su tutte le selle, abbia dovuto montare anche questo destriero di parata: cantò, e lo stile di questi versi bisogna goderlo nella sua bellezza naturale:
     
      ce front prodigieux, ce crâne fait au mouledu globe impérial.
     
      Ma anche Lamartine, il nemico leale dell'impero, che avrebbe voluto fare apporre sulla tomba napoleonica l'inscrizione: à Napoléon - seul! fece poi passare davanti ai suoi lettori la figura del prigioniero in un crepuscolo romantico, con le braccia incrociate sull'ampio petto e con la bianca fronte, la fronte meditabonda, china, ottenebrata, sparsa di terrore.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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