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      Il figlio della rivoluzione era costretto a rinnegare e combattere la madre. Si cercò di consolare gli scontenti dicendo, che il nuovo re regnava benché fosse un Borbone; ma era evidente che governava perché era un Borbone, e perché la camera ringraziava il Cielo di aver trovato accanto al trono un principe amico della borghesia. Non poteva chiamarsi Filippo VII, re di Francia, perché principiava la nuova èra della monarchia popolare. Ma nemmeno chiamarsi Filippo I, perché ciò avrebbe annunziato formalmente la rottura col passato: si chiamò dunque Luigi Filippo, Re dei Francesi. L'esistenza della corona è una continua lotta per l'esistenza; una lotta che comprime sul germe ogni idea di una politica fattiva, di efficacia duratura. Già gli stessi nomi del sistema politico, che sotto il re borghese cozzano l'uno con l'altro, fanno indovinare che cotesta corona fin sul nascere è colpita dalla maledizione della sterilità. Perciò troviamo una "politica di concessione, una politica di resistenza, di riconciliazione, di lasciar correre"; e in generale una vita precaria, dalla mano alla bocca; in generale l'impotente coscienza, che le forze vive del tempo sono fuori del governo. Un principe illuminato non ha mai nutrito meno fiducia nello stato. "Essi sono gli ultimi dei Romani", disse Luigi Filippo al suo Guizot; "la macchina può rompersi ogni momento: come è possibile tirare innanzi un governo liberale tra queste tradizioni assolutiste, e con questo spirito rivoluzionario?" e per la centesima volta ripeté a un altro: "the world will be unkinged; io le dico, che i miei figli non avranno pane da mangiare". Col fatto, il mondo di là dai confini sentiva, che quella corona era posata su due occhi.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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