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      Ma chi percorre queste sale interminabili, e col capo in tumulto ripensa ai turbini di polvere e di fumo, al lampeggiare delle spade, ai battaglioni lanciati alla carica, alle mischie, ai corpi laceri, alle unghie scalpitanti dei cavalli, che da mille cornici ci abbarbagliano gli occhi, finisce col domandare a sé stesso, se in Francia non esista che solo un'unica gloria: la gloria del guerriero. La beniamina dell'arte è la guerra. Le noiose solennità ufficiali delle incoronazioni e delle proclamazioni di statuti scompaiono quasi, appetto all'ardore di vita e di verità di quelle immagini di battaglie di Orazio Vernet, che trascinano lo spettatore come una marsigliese dipinta. Guardate un po' i soldati francesi, quando la domenica discutono e si esaltano davanti ai quadri algerini! Certo, l'istinto borghese del quieto vivere, di cui aveva bisogno la monarchia di luglio, fu tutt'altro che fomentato da codesto museo di battaglie. Il re, messosi a fare l'ammiratore dell'impero, si vide costretto, in onta all'odio che a quello portavano i Borboni, a favorire gli uomini del tempo imperiale. Chiamò nel suo consiglio Montalivet, il figlio del ministro napoleonico, Molé, il grande dignitario napoleonico che non aveva mai cessato di ammirare l'impero come il trionfo delle idee dell'89, e anche Soult, per la ragione che il me faut une grande épée! Perfino il cattivo vecchio Savary, il gran birro aulico di Napoleone, fu gratificato di un'alta carica dal re della libertà. E allo stesso maresciallo Clauzel, nel quale si era personificato a pennello lo spirito lanzichenecco senza legge dei tempi napoleonici, toccò di rappresentare la sua parte nei panni di un ministro parlamentare.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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