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      La stessa sera Guizot soddisfatto scrisse al conte Mounier: "è stata una pura teatralità!". E già prima il ministro Du Chatel aveva compendiato il terribile accecamento del governo nelle parole: "A questa nuova monarchia, che per la prima ha assembrato e soddisfatto tutta la potenza e tutti i desiderii della Rivoluzione, incombe in verità l'obbligo di erigere il monumento e il sepolcro di un eroe nazionale, e di onorarlo senza tema alcuna. Perché solo una cosa esiste, una unica cosa, la quale non ha nulla a temere dal paragone con la gloria; ed è la libertà". Oh, senza dubbio: solo la libertà non aveva nulla a temere da quell'ombra! Frattanto il duca di Reichstadt era morto. Dopo le giornate di luglio Giuseppe Bonaparte aveva invano tempestato di lettere l'imperatore Francesco, Maria Luisa, Metternich e in fine anche il giovine Napoleone, per domandar loro il ristabilimento dell'impero. E invano la marchesa Napoleona Camerata fece nello stesso torno di tempo un viaggio a Vienna, a scongiurare il figlio dell'imperatore di erigersi a condottiero della Francia rivoluzionaria "con la mente volta a quella lotta mortale, con cui i sovrani dell'Europa avevano fatto espiare al padre il delitto di essere stato con loro troppo magnanimo". Il gabinetto di Vienna congedò l'esaltata, la quale non ricevé più udienza dal giovine legittimista della casa Bonaparte. Perché fra le tante notizie terrifiche di quei giorni agitati, nessuna lo aveva così profondamente scosso come l'annunzio, che sua madre era dovuta fuggire da Parma, cacciata dalla rivoluzione.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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