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      Il socialista Felice Pyat predisse in un memorabile discorso il destino imminente: un presidente eletto in questo modo potrà dire all'assemblea nazionale: "io solo ho dietro di me tanti voti quanti voi tutti insieme, io solo valgo pel popolo più di qualunque vostra maggioranza". A tale considerazione la gente ingenua non diede peso, pensando che il presidente era eletto in autunno e l'assemblea nazionale era rieletta da capo nel successivo maggio, e che perciò l'assemblea veniva a godere da parte del popolo la fiducia più recente e più efficace. Altri nutrivano preoccupazioni morali rispetto a un'elezione del presidente fatta dall'assemblea nazionale: ciò valeva quanto corrompere l'assemblea, porre le redini dell'amministrazione nelle mani di una mediocrità ligia e, in conclusione, fondare un dominio come quello della Convenzione. La maggioranza dell'assemblea era ispirata dall'odio alla repubblica: voleva stabilire un potere autonomo accanto al parlamento, per poi, all'occorrenza, ripristinare il trono. Donde seguì che i repubblicani sinceri si accordarono per la più parte a seguire la via meno popolare, cioè a propugnare l'elezione del presidente fatta dall'assemblea; i monarchici occulti, invece, seguivano la regola radicale dell'elezione popolare.
      Da una parte si attribuiva al presidente una incalcolabile potenza morale, dall'altra il suo potere veniva sospettosamente circondato da limiti legali, che per un uomo onesto erano superflui, per un uomo senza coscienza erano vani.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Felice Pyat Convenzione