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      Fin dal 26 febbraio un proclama del governo provvisorio diceva: "Non più legittimismo, non più bonapartismo, non reggenza! Il governo ha preso tutte le necessarie misure per rendere impossibile il ritorno delle antiche dinastie e l'elevazione di una nuova". Le teste calde del partito, come in altri tempi dopo i cento giorni, si riunivano al caffé Foy; e uno degli assidui era il deputato socialista Pietro Bonaparte, che con tanto zelo dichiarava: "Quale uomo intelligente può volere l'impero? Esso è ormai non più che un glorioso ricordo storico: il suo ristabilimento è una chimera". Nella colluvie dei fogli d'occasione che portavano sulla testata il nome della repubblica con un aggettivo sonoro, c'era anche una "repubblica napoleonica". La condotta del partito era determinata dalla stessa situazione: fomentare agitazioni, affinché l'attrito dei partiti li corrodesse tra loro, e alla fine gli abbienti guardassero a un forte potere dello stato come al supremo dei beni. Il maneggio in breve divenne tanto sospetto, che il governo provvisorio fece arrestare Persigny. Per la prima volta, dopo la sommossa di febbraio il sangue scorse il 12 giugno, in un tumulto insignificante suscitato al grido di "viva l'imperatore!". È fuori di dubbio, che nelle avvisaglie della sollevazione di giugno gli agenti bonapartisti tennero mano al gioco, sebbene vada inteso, che un cozzo di classi tanto notevole e inevitabile non possa essere stato preparato solamente da artifizi e intrighi. Né mette conto rintracciare coteste trame; giacché in verità i milioni di voti non si accaparrano con le piccole arti dei cospiratori.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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