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      I suoi nemici gli risparmiarono di parlare. Quante erano le immaginabili banalità che la fantasia dei radicali si esauriva ad escogitare, tante ne furono diffuse dalla stampa e dalla tribuna sul conto del principe: fu rimessa in circolazione perfino la mitologia della prima rivoluzione. Luigi Bonaparte era un agente della perfida Albione, assoldato per rovesciare la gloriosa repubblica: era un visionario, uno sciocco, segnalato non per altro che pei mustacchi cerati. Qualche testa fina, come Montalembert, posta sull'avviso da quei vituperii della Montagna, finì col domandare, se un uomo così ferocemente coperto di oltraggi poteva essere un uomo del tutto insignificante. La più parte della gente colta s'ingannò: credevano fermamente alla nullità personale del principe: più tardi, però, avrebbero saggiato un disinganno, di cui non si era provato nel mondo il più singolare, dal tempo dell'ascensione al pontificato di Sisto V.
      Ma gl'incauti oratori presentivano l'effetto, che i loro attacchi avrebbero avuto sulle moltitudini? Erano sinceri, quando unitamente con tali denigrazioni personali manifestavano uno sconfinato disprezzo per la potenza del bonapartismo? O mostravano puramente il coraggio del ragazzo, che fischia all'oscuro per ingannare la paura? Come era mai possibile che la repubblica, proscritti i Borboni, avesse richiamato i napoleonidi incomparabilmente più pericolosi? Fu anche respinta la proposta schiettamente repubblicana di escludere dal seggio presidenziale i principi delle dinastie decadute; e ciò, perché i dottrinari vi vedevano una ineguaglianza illegale, i conservatori già speravano in segreto l'elezione del principe, e i radicali affettavano di non temerlo.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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