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      Anche nei suoi viaggi il principe aveva guadagnato molti aderenti col suo tatto obbligante. In effetto, dal popolo non era amato menomamente, perché gli mancava l'opportunità di mostrare la propria importanza alle moltitudini. Solo che ai vantaggi che già da tre anni lo raccomandavano al popolo, se ne aggiungeva adesso uno nuovo di assai maggior peso: Luigi Bonaparte si trovava già al governo, e la nazione aveva orrore di qualsiasi incerta novità. E siccome non si presentava contro di lui nessuno speciale candidato, rimaneva indubbiamente stabilito, e nessun imparziale lo ha contestato, che il popolo, contrariamente al disposto della costituzione, avrebbe rieletto il principe. Il che era tanto sicuro, che nemmeno una dichiarazione esplicita del presidente di non accettare la rielezione, avrebbe distolto il paese dal suo proposito anticostituzionale. Quale spettacolo, se il popolo avesse eseguito egli stesso il colpo di stato, fomentando in ogni capanna la slealtà e l'indisciplinatezza; se migliaia di funzionari, se l'intera Francia ufficiale avesse incitato la nazione a lacerare lo statuto! Ma i rappresentanti popolari di una democrazia erano poi autorizzati a osservare, contro la volontà del popolo sovrano, la lettera di una costituzione divenuta impossibile? No, certamente: se nel turbine delle contese di parte sopravviveva tuttora una favilla di spirito patrio, l'assemblea nazionale doveva decidere il rimaneggiamento legittimo della costituzione. Tale era la volontà del paese: 79 consigli generali dei dipartimenti sopra 85 domandavano la revisione dello statuto.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Luigi Bonaparte Francia