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      Sin dalla fine di ottobre, dichiarata la guerra, un gabinetto di proseliti personalmente ligi circondò il presidente. Già da un pezzo il principe aveva ravvisato nel generale Saint-Arnaud l'avventuriero arrischiato e senza coscienza che faceva al caso suo. Per procurare al suo uomo un po' di grido, fu intrapresa una spedizione contro i Cabili. Tornato dall'Africa vittorioso, l'eroe ottenne il portafoglio della guerra, e immantinente risovvenne alle truppe il dovere della cieca ubbidienza militare. Il presidente ricevé gli ufficiali con l'assicurazione: "il giorno del pericolo io non mi condurrò come i miei predecessori; non vi dirò: marciate, vi seguo! vi dirò: io marcio, seguitemi!". In conseguenza di tali avvenimenti, i questori della camera presentarono la mozione, che l'assemblea nazionale avocasse a sé il regolamento di ordine dell'esercito. Che, dati gli umori ostili dell'esercito, cotesta idea non avrebbe seguito, era evidente; ma, affinché tutta l'azione dell'assemblea non apparisse un vacuo apparato verbale, bisognava venire all'estremo tentativo di difesa. Il parlamento era colpevole di falli indimenticabili, perché troppo sovente aveva posto al disopra del bene del paese l'odio reazionario della fazione: ed ora, giusto contrappasso, gli toccava di andare alla malora sotto la rabbia settaria della Montagna. L'odio ai dispregiatori dei sacri giorni di febbraio stava ai socialisti più a cuore, che non la preservazione della repubblica. Essi si ribadirono come i rappresentanti schietti di quella democrazia dell'invidia, che gl'italiani qualificano col nome incisivo di democrazia di rappresaglia.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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