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      Non occorre altro che guardare freddamente in faccia questi dati di fatto per riconoscere immediatamente la verità, che il bonapartismo con le concessioni alle idee liberali dei ceti più alti aveva rotto fede a sé stesso, e che la nazione non era più capace di comportare un regime di libertà.
      Al colpo di stato seguì prima un anno di transizione, che fu per l'immoralità del nuovo sistema la stagione della fioritura. Laddove i mentiti discorsi del presidente al tempo dell'assemblea nazionale trovavano spiegazione nella situazione politica, in appresso, invece, la gherminella repubblicana del 1852 appare semplicemente frivola e ordinaria. Il presidente stimava necessario un terzo plebiscito per consolidare la propria potenza? Oppure il fatalista opinava di poter salire al supremo potere solamente, come lo zio, per tre gradi? Certo, era decisivo il fatto, che il 2 dicembre il principe tenne a serbare l'apparenza, che il colpo di stato servisse a salvare la repubblica. Ciò in riguardo alle grandi potenze, le quali in verità diedero la loro approvazione alla vittoria dell'"ordine", pur non volendo nessuna di loro il ripristinamento dell'impero. Insomma, la Francia ufficiale imposturò, ancora per lo spazio di dieci mesi, con frasi ipocrite la fede repubblicana, quantunque il colpo di stato nient'altro potesse significare, che l'erezione del trono. Nel settembre del 1852, durante il viaggio ufficiale attraverso il paese, il presidente assicurava tuttora, che nel grido ripetuto "viva l'imperatore!


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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