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      Non vi è alcun dubbio, che il nuovo bonapartismo nutriva, come il primo impero, il disegno di fare da terreno neutrale, su cui venissero a ritrovarsi insieme gli avanzi dei vecchi partiti. Esso non si diede briga del passato dei suoi cooperatori, e prese ai suoi servigi quanti riconobbero il nuovo ordine. Permise, dopo alquanti anni di compressione, il ritorno degli avversari esiliati che si obbligavano all'ubbidienza, e non si discostò mai dal proposito di collocare la grandezza della patria al disopra dei partiti. Chi non ricorda lo scritto pateticamente generoso dell'imperatore, che ordinava il rilascio del pericoloso cospiratore Barbès, perché questi aveva espresso il suo entusiasmo patriottico per la guerra di Crimea? Similmente l'impero non volle favorire un ceto solo; seppe contentare l'ambizione e la foga industriale della borghesia e, nello stesso tempo, ripristinare la nobiltà: un eccellente mezzo per vincolare alla corona migliaia di famiglie sia mercé la comune ambizione, sia mercé il timore di una soppressione di titoli nobiliari male acquistati; ma anche una prova, che s'intendeva di riguardare le inclinazioni e i pregiudizi delle classi più alte. Appunto: l'eletto del popolo si applicò un pezzo al disegno di aggiungere all'antica una nuova nobiltà napoleonica. Nei brindisi e nei proclami il signor di Persigny esaltava come merito peculiare del nuovo sistema "l'eminente idea sociale", per cui, avendo ogni governo precedente rappresentata soltanto una delle tre classi della società, l'impero invece le rappresentava medesimamente tutte.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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