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      I comitati elettorali caddero sotto la proibizione del code Napoléon; la libertà del voto esige, come dichiara ufficialmente il signor Thullier nel 1865, che gli elettori non siano "terrorizzati" dai comitati. Un caso grazioso generalmente disponeva, che la mattina delle elezioni pubblici affissi sulle cantonate riferissero le nuove ferrovie e canali che lo stato si proponeva di donare al dipartimento. A questa corruzione elettorale dall'alto si sposò a poco a poco un sistema di corruzione privata tale, che quasi si trattasse di accumulare nell'impero tutte le magagne del parlamentarismo inglese e dell'antico parlamentarismo francese. Le spese elettorali, che, per altro, data la grande estensione dei collegi di provincia, erano considerevoli per gli stessi candidati ufficiali a cui lo stato alleviava una parte del dispendio, erano quasi incomportabili agli sprovvisti di una fortuna, specialmente da quando i candidati presero l'uso di promettere al corpo elettorale opere di pubblica utilità, di costruire monumenti, fontane, e via dicendo.
      Un corpo legislativo nato da siffatta origine non doveva conseguentemente esser padrone in casa propria. L'imperatore nominava i presidenti e i questori; e siccome notoriamente in Francia anche il presidente del tribunale si crede in dovere di militare in un partito, i presidenti del parlamento imperiale esercitavano un "terrorismo" sfacciato contro i loro avversari politici. Un tratto magistrale del dispotismo democratico era anche l'alta indennità assegnata ai deputati.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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