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      Non è meraviglia, dunque, se questa eterna uniformità stanca le persone colte; e se si levarono alti e aspri lamenti contro il disamorato spirito d'innovazione, che distruggeva i più venerandi monumenti delle antiche città, e che non sapeva recedere in rispetto nemmeno davanti alla pace del cimitero di Montmartre, davanti ai gloriosi viali alberati del giardino del Lussemburgo.
      Le considerazioni dei locandieri del popolo pesavano più dei malumori degli amici dell'arte e degli storici. Lo scopo essenziale di tali massicci fabbricati era di dare occupazione agli operai e generosi guadagni. Col fatto, centinaia di migliaia di lavoratori affluivano nelle città. Manifestamente la loro condizione era lieta, perché il salario era elevato, i dazi, gravi pei lavoratori, erano compensati dal basso prezzo del pane, e le abitazioni non eccedenti la pigione di 250 lire erano franche di tassa locativa. Ma è destino del socialismo monarchico il potere iniziare e rinfocolare nuovi moti nella società, ma non il poterli mantenere durevolmente. Questa morbosa furia fabbricatoria doveva pure arrivare a fine una volta. L'idea grossolana, propria del nostro tempo manovale, e già troppo a lungo diffusa e familiare, che lo stato deva promovere l'arte per dar pane agli artisti, operava sul secondo impero con tutto il peso di un problema sociale. Un esercito d'intraprenditori e di coadiutori esigeva un'occupazione fissa dallo stato, che li aveva attratti lontano dal paese e dall'ufficio loro; poiché proprio lo stato aveva, tra con l'ingiunzione o col favore, adescato le città alle trasformazioni edilizie.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Montmartre Lussemburgo