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      Comunque, parve un progresso il fatto, che ora finalmente per la prima volta dopo tanto tempo fosse mandato in pezzi l'idolo dell'eroismo personificante la nazione, e fosse descritta con passionata eloquenza la profonda immoralità del dominio violento e la necessità di prefinire saldi limiti legali a ogni potere dello stato.
      Certo, a chi osserva da vicino i francesi non può sfuggire, che solamente una cerchia ristretta era tocca sul serio e a fondo da coteste nuove idee. Nello stesso torno di tempo in cui la critica storica condannava senza discrezione l'imperatore soldato, dilagava pel paese il grido di guerra, sempre rifacendosi a nuovo, sempre ingrossando più gagliardo. Per una legge storica in perpetuo ricorrente, la boria nazionale cresceva in tanto più dismisura, in quanto che i francesi dovevano non a sé stessi la loro magnifica posizione di grande potenza, bensì alla fortuna e al tatto del loro dominatore. Durante i primi giorni di emozione della guerra franco-germanica, W. Wehrenpfennig qualificò per la prima volta, che io sappia, cotesta oltracotanza come un delirio di grandezza, una megalomania. L'espressione fece rapidamente il giro dei giornali tedeschi, perché egli aveva fitto il chiodo a segno. Ed effettivamente era una malattia epidemica degli spiriti. Mentre gli storici notomizzavano e confutavano la leggenda napoleonica, un'altra fola con mirabile rapidità si annidava nei cervelli: il mito bismarchiano. Nessun giudizio, nessuna cultura fece argine alla potenza irrompente di questa menzogna, finché in fine la nazione non fu più capace di distinguere tra l'apparenza e la verità.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Wehrenpfennig