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      Anche la popolazione credente delle campagne fu trattenuta da ricordi politici dall'assoggettarsi internamente alla Chiesa. Il contadino seguiva il prete, ma non aveva punto dimenticato i mali giorni delle decime ecclesiastiche e dei pesi feudali: per poco che l'ambizione pretesca avesse prevaricato dai confini della prudenza, poteva riavvampare di botto l'antico odio mortale ai preti e ai gentiluomini. Inoltre, la paura dei rossi nemici della fede era presso le classi colte largamente compensata dalla potenza delle tradizioni rivoluzionarie. L'orgoglio patriottico, il sentimento energico dello stato nei francesi pensanti non ha finora comportato mai un assoggettamento dello stato alla Chiesa. La cultura mondana del secolo si aombra davanti a ogni avviamento religioso estremo, come davanti a ogni soluzione recisa dei problemi religiosi. La maggioranza dei francesi non voleva che il papa perdesse il dominio di Roma, ma tanto meno voleva che acquistasse il dominio della Francia.
      Qui, in questa mezza disposizione, in questa disposizione incerta della nazione, nella sua inettezza a giudicare le questioni religiose sotto aspetti religiosi, qui è da cercarsi la chiave della tentennante politica ecclesiastica dell'impero. Napoleone III colmò di favore la Chiesa come nessun altro monarca francese, ma dové pure riconoscere presto i pericoli di una rotta, i cui scogli furono fin dal 1852 avvisati da lontano dall'occhio acuto di Cavour. L'imperatore sentì, che al disopra del suo capo cresceva la dominazione ultramontana, e ammonì soventi volte i prelati: che dal tempo di San Luigi lo stato non aveva mai rinunziato al suo diritto di sovranità. Ma alla fine la guerra d'Italia fece manifesto il dissidio tra gl'interessi ultramontani e i nazionali.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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