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      Volle risollevare la Francia a potenza direttiva della terraferma, e puntellare coi popoli latini tale preponderanza. Ma bisognava raggiungere il vecchio fine con mezzi moderni. Come Persigny e Cavour, Napoleone III ravvisò la garanzia della civiltà europea nella salda unione delle due potenze occidentali. In verità, questa antica idea di Palmerston, che offendeva anche l'orgoglio tedesco, scapitava ogni giorno un poco della sua plausibilità, sebbene non fosse ancora interamente infondata in quegli anni, in cui l'influenza della Russia pesava tuttora sulla nostra patria. Una volta che il nipote credeva o dava a credere di credere, che il conquistatore del mondo aveva sparso da per tutto "i semi di nuove nazionalità", tant'è, egli stesso sanciva l'importanza, dominante pel nostro secolo, delle idee nazionali. Egli previde, che i trattati di Vienna avrebbero trovato il nemico più formidabile nel sentimento nazionale, quando si fosse ridesto, dei popoli arbitrariamente divisi, e volle promuovere quanto fosse necessario allo scopo. Apprezzò l'influenza dell'opinione pubblica, riconobbe che oggi è determinata dal liberalismo, la celebrò sovente come la sesta grande potenza che sola oggigiorno consenta successi durevoli, e decise di non por mano a nessuna grande impresa senza l'assistenza delle idee liberali. Queste vedute sapienti e moderne erano il fondamento della politica estera nei primi anni dell'impero. Il merito di cotesta politica è tanto più altamente stimabile, in quanto si contrapponeva ad antiche tradizioni e pregiudizi dello stato e del popolo francese.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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