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      A Magenta decise la risoluta energia di Mac-Mahon, a Solferino l'inettitudine del Comando austriaco. Ma tanto più alta fu l'importanza politica della lotta. Furono davvero giorni gloriosi, quelli in cui Napoleone gridò agli italiani: "siate oggi soldati, se volete essere domani cittadini liberi e indipendenti!" e quando nell'ingresso a Milano liberata il popolo ebbro di entusiasmo premeva sulla criniera del cavallo imperiale. L'impresa d'Italia aprì una novella età: l'imperatore pose inconsapevolmente la prima pietra dell'unità d'Italia e della Germania.
      La pace di Villafranca dissipò l'ebbrezza della gratitudine, l'immagine di Orsini coprì l'immagine di Napoleone. "Con la prosecuzione della guerra io avrei osato ciò che un principe deve osare solamente per l'indipendenza del proprio paese!"; in questo modo l'imperatore giustificò davanti al senato francese la conclusione della pace, e il giudizio della posterità non saprà un giorno aggiungere nulla a questa parola recisa. La decisione della pace non mosse dall'orribile vista del campo di battaglia di Solferino, né dal timore della malaria della "terra ferma", né dalle pressioni del circolo imperiale pel ritorno, ma dal contegno minaccioso della Prussia, la quale, trasportata dal cieco furor di guerra della Germania meridionale e fatta inquieta dalla crescente potenza della Francia, era proprio sul punto di incorrere in un enorme errore politico. In un rapido dialogo l'imperatore con la forza della sua superiorità personale seppe tirare a una pace precipitosa l'avversario sconcertato.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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