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      Temporeggiando, tra nuovi indugi e vecchie ricadute, lasciò finalmente che l'ineluttabile corresse per la sua china. Fintanto che visse Cavour, Napoleone non riuscì mai ad alienarsi completamente dalla causa italiana. Il potente intelletto sapeva sempre rabbonire il despota; e nella primavera del 1861 si era già in procinto d'intendersi pacificamente sull'avvenire di Roma. Proprio allora il grande statista morì; e subito il dispetto compresso di Napoleone si manifestò bruscamente. Il regno d'Italia fu riconosciuto dalla Francia non prima del gennaio 1862. Non prima della lettera del 20 maggio 1862 l'imperatore principiò a riavvicinarsi alla nuova potenza: espresse la fiducia, che il papa avrebbe accordato ai suoi sudditi le libertà municipali, e che l'Italia avrebbe riconosciuto i confini dello Stato della Chiesa. L'infame sottomissione del gabinetto italiano e la catastrofe di Aspromonte condussero in fine all'accordo.
      Chi teneva dietro alla stampa liberale del tempo, dal Journal des débats al Siècle, poteva facilmente incorrere nell'illusione, che la nazione bramasse l'annientamento dello Stato della Chiesa. L'imperatore era interprete migliore dell'animo del suo popolo. Laddove l'unità d'Italia incontrava ora caldi partigiani presso le nazioni dianzi ostili, per contro nella Francia alleata le sorgevano giorno per giorno nuovi avversari: la maggioranza dei francesi chiedeva la continuazione del potere temporale del papa, alcuni per gelosia verso l'Italia, altri pei loro sentimenti clericali.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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