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      La nazione in principio tenne un contegno freddo, poi espresse unanimemente la sua riprovazione. La stessa armata non voleva saperne di trionfi nel paese della febbre; si è preteso perfino di aver sentito di tanto in tanto il grido di "viva la repubblica!" tra le truppe imbarcate pel Messico.
      Al dispotismo, più agevolmente che al parlamento, era dato riconoscere ed emendare l'errore intrapreso; ma in questo mal tratto l'autocrata mostrò un incapamento incorreggibile. Anche dopo che l'onore delle armi francesi nel maggio del 1863 era stato ristabilito, la disperata faccenda fu trascinata per altri sei anni fino alla rotta completa. In Germania l'opinione pubblica, che spesso a quel tempo s'ingannava tondo sulle faccende estere, si era collocata dal principio in faccia alla guerra americana col giudizio manifesto: "il nostro idealismo non crederà mai alla vitalità degli stati schiavi inciviliti". Andava altrimenti in Francia e in Inghilterra: lì si ricordavano ancora delle tirate della stampa inglese contro "il tiranno sanguinario Lincoln, che non è stato mai un gentleman", e del grido di angoscia innalzato dal corpo legislativo dell'impero per la caduta di Richmond. Era destino dell'imperatore, cotesto, di partecipare questa volta all'opinione corrente, egli proprio che tanto spesso si era elevato sul suo popolo con la sua più libera concezione della grande politica. Il despota non poteva apprezzare di nuovo le forze morali nell'enorme campo di lotta. Credeva allo sfacelo dell'Unione, offendeva l'antico alleato della Francia senza sostenere efficacemente l'avversario.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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