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      I recenti studi della psicologia infantile, tra i quali mi basterà citare, come gli ultimi pubblicati, quelli del prof. Preyer(7) di Wiesbaden (Die Seele des Kindes); quelli del Sully (Studies in Childhood), del Baldwin, del Perez, quelli di Frédéric Queyrat sullo sviluppo dell’immaginazione e della facoltà di astrarre nei fanciulli, e i progressi che vanno continuamente facendo le ricerche comparate sulle attitudini mentali dei popoli selvaggi e primitivi, in seguito all’impulso comunicato a questo ramo di indagine dalle opere fondamentali di Spencer, Lubbock e di Tylor, apportano ogni giorno più numerosi e sostanziali contributi a conferma delle geniali intuizioni del sommo scienziato inglese.
      Non è solo pel fatto di poter approfittare delle esperienze accumulate nel corso delle generazioni passate, trasmesse e riassimilate rapidamente per mezzo dell’imitazione, dell’educazione, della tradizione, dei libri, che le generazioni successive si trovano fino a un certo punto in grado di cominciare ove hanno finito quelle che le precedettero.
      La mente di un uomo moderno non differisce da quella d’un uomo d’altri tempi, dotato di corrispondenti facoltà intellettuali, solo per la maggior quantità o la miglior qualità della suppellettile di cognizioni di cui la prima è fornita e per così dire ammobigliata.
      Ben più importanti e caratteristiche sono le differenze che corrispondono all’acquisto e alla fissazione di nuovi abiti mentali, al diverso vigore rispettivo delle varie facoltà intellettuali, al diverso orientamento della curiosità, dell’ammirazione e del dubbio, alla diversa capacità a rimanere soddisfatti dalle spiegazioni d’un dato tipo piuttosto che da quelle di un altro, o alla maggiore o minore facilità a prestare assenso alle varie specie di prove o di ragionamenti e a fare un diverso apprezzamento della loro rispettiva validità; le differenze infine che si riferiscono a un diverso senso dell’evidenza, a una maggiore o minor preponderanza di quelle che i fisiologi chiamerebbero le funzioni inibitorie sugli spontanei impulsi della mente, e a una diversa fiducia nei vari criteri di accertamento e nei vari processi d’investigazione.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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