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      Per chiarir meglio ciò che intendo di dire, non sarà superfluo ch’io citi in esempio qualche fatto speciale.
      Tra i documenti che spargono maggior luce sui particolari storici che si riferiscono a quell’importantissimo stadio nello svolgimento delle scienze matematiche, che è segnato dal sorgere del calcolo infinitesimale, va certamente annoverato il carteggio tra Wallis e Leibniz che si trova pubblicato nelle opere del primo.
      Da esso appare chiaramente quale fosse l’indole delle obbiezioni che alle nuove vedute di Leibniz e di Newton erano mosse da quelli, tra i loro contemporanei, che oggi noi a buon diritto classifichiamo insieme a loro tra i sommi matematici di quel tempo. Esse si possono riassumere nell’opinione di Huyghens che Leibniz esprime colle seguenti parole:
      «Hugenius certe, qui haec studia profundissime inspexerat multisque modis auxerat, parvi faciebat calculum meum, nondum perspecta utilitate. Putabat enim, dudum nota, sic tantum nove exprimi, prorsus quemadmodum Robervalius et alii, initio, Cartesii curvarum calculum parvi faciebant».
      Su questa analogia tra la posizione sua e quella in cui poco meno d’un secolo prima si era già trovato il creatore della geometria analitica, Leibniz ritorna con insistenza nel corso dell’epistolario. Ma ciò che rende soprattutto degne di attenzione le sue osservazioni in proposito, sono gli argomenti a cui ricorre per difendere sé e Cartesio contro le obbiezioni sollevate rispettivamente da Roberval e da Huyghens.
      Val la pena di citare anche qui testualmente le sue parole dirette a Wallis:


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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