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      E per accennare a un secondo esempio, apparentemente di genere affatto diverso, quando Lagrange poneva a base della sua trattazione analitica della meccanica il principio dei lavori virtuali, non era forse mosso soprattutto da considerazioni della stessa specie, da considerazioni, cioè, che si riferivano non tanto alla compatibilità o incompatibilità dei dati dell’esperienza colle conclusioni a cui sarebbe arrivato partendo da quel principio invece che da uno qualunque degli altri ai quali egli accenna come ugualmente legittimi, quanto piuttosto alla maggior facilità e comodità colla quale in tal modo tutte le leggi conosciute dalla meccanica venivano ad esser dedotte da una sola supposizione fondamentale e coordinate e dominate sotto un unico punto di vista?
      Noi avremo occasione di vedere come non solo in questi ma anche in tutti gli altri tentativi di sistemazione e perfezionamento delle teorie meccaniche da Aristotele e Archimede a Varignon e d’Alembert e da questi a Poinsot e Grassmann, si possano riconoscere chiaramente le tracce di influenze di genere analogo, e vedremo, per esempio, come nelle lunghe lotte tra i vari principi che nelle successive fasi di sviluppo della statica si sono contesi il primato e hanno aspirato a esser considerati ciascuno alla sua volta come il più generale e il più degno di servire di punto di partenza per dedurne i rimanenti, il criterio dell’evidenza immediata o della confrontabilità diretta coi dati dell’esperienza ha dovuto sempre più cedere il passo alle considerazioni riguardanti la diversa semplicità e agevolezza colla quale i vari principi si prestavano a raggruppare intorno a se, come conseguenze ottenibili per deduzione, i fatti e le leggi che l’osservazione era andata man mano constatando.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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