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      II, 9 ). Non meno numerosi ed espliciti sono, nelle opere di Aristotele, i passi in cui egli insiste sulla irragionevolezza o anzi assurdità inerente al credere che la deduzione sia l’unica fonte di certezza, e nei quali egli asserisce che i principi fondamentali, ai quali o presto o tardi bisogna appoggiarsi se non si vuole prolungare indefinitamente la serie delle deduzioni e dei sillogismi, non possono avere altra garanzia di verità che quella proveniente dall’induzione o dalla testimonianza diretta dei sensi(25). Su questo soggetto, sul quale in seguito le sue opinioni furono così stranamente falsate e travisate, specialmente da quelli che si professavano suoi seguaci e difensori, non sarà superfluo citare testualmente le sue parole.
      «Il compito, egli dice, di fornire i principi sui quali le deduzioni si basano spetta, per ciascuna scienza, all’osservazione dei fatti speciali che costituiscono il suo campo d’investigazione. Così per l’astronomia tale ufficio spetta alle osservazioni astronomiche, poiché è solo quando i fenomeni celesti siano stati sufficientemente analizzati e compresi, che si potranno stabilire delle deduzioni relativamente ad essi. E lo stesso si dica di tutte le altre scienze od arti, nelle quali pure le dimostrazioni si potranno presto trovare quando siano stati sufficientemente studiati i fatti ai quali essi si riferiscono. Se le nostre osservazioni saranno state tanto diligenti che nessun fatto degno di nota sia sfuggito ad esse, noi potremo trovare dimostrazioni in tutti i casi in cui ciò è possibile, e ci saremo anche resi ragione del come ciò non sia possibile negli altri casi nei quali la natura stessa della questione non permette di ridurre la trattazione a forma deduttiva» (Anal.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Aristotele Anal