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      Ma l’accusare, come si fa spesso, questi grandi pensatori di avere abusato della deduzione, imputando loro le aberrazioni a cui giunsero, nei secoli posteriori, quelli che delle loro affermazioni si servirono di base per costruirvi sopra, appunto per mezzo della deduzione, delle teorie mistiche o fantastiche, come i neoplatonici, o per foggiarne, come gli scolastici, argomentazioni dialettiche in difesa dei propri preconcetti, è andar tanto lontano dal vero come se si dicesse che nella Bibbia o nel Codice penale si fa abuso della deduzione, pel fatto che i teologi e gli avvocati attingono ivi le premesse dei loro sillogismi e si valgono di quegli scritti per garantire alle loro conclusioni, appunto per mezzo della deduzione, quella certezza e indiscutibilità di cui hanno bisogno per chiuder la bocca ai loro avversari o convincere chi deve pronunziare la sentenza.
      Per ciò che riguarda il carattere predominantemente deduttivo della filosofia scolastica, è facile capire come e perché, in epoca di cultura la cui caratteristica intellettuale era la tendenza ad accettare o a far accettare senza discussione, e come superiori ad ogni prova, dottrine fornite dalla tradizione e dall’autorità, il metodo di ragionare favorito fosse quello che permetteva di trarre il maggior partito possibile dai principi dogmatici che ognuno accettava, o almeno era costretto a non contestare. È naturale che in tali circostanze i processi mentali più adoperati e riputati fossero quelli che rendevano possibile estendere al massimo grado la competenza e la portata della provvista limitata di affermazioni e di norme le quali dovevano bastare per la sistemazione delle credenze e della condotta, quelli infine per mezzo dei quali tale estensione di competenza e di portata avveniva quasi automaticamente e senza ingerenza di apprezzamenti o criteri individuali, con nessun disperdimento o attenuamento di certezza o di attendibilità; poiché, come abbiam visto indietro, una delle proprietà caratteristiche della deduzione è appunto quella di essere, per così dire, buona conduttrice dell’evidenza e della certezza, e di trasmettere intatte alle conclusioni per suo mezzo ottenute tutta la credibilità e l’autorità di cui godono le premesse corrispondenti.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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