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      Il compito che spetta ai sillogismi del suddetto tipo è, insomma, solamente quello di metterci in grado di fruire della esperienza passata nostra ed altrui, senza più esser costretti a far appello direttamente a tutti i singoli fatti o all’intera serie di osservazioni particolari di cui essa effettivamente si compone, e permettendoci fino ad un certo punto di dimenticare affatto queste senza rinunciare al vantaggio di essere da esse guidati nel regolare i nostri giudizi e le nostre aspettative relativamente a fatti non ancora avvenuti o non ancora conosciuti. Il vero ragionamento, il passaggio, cioè, da asserzioni su fatti noti ad asserzioni su fatti ancora ignoti, non è rappresentato qui dal sillogismo, ma bensì da quelle antecedenti induzioni dalle quali fummo condotti ad ammettere per vera la proposizione generale che, per mezzo del sillogismo, mettiamo a profitto; ed il sillogismo non corrisponde a una fase nel processo di ricerca e di accertamento della verità, ma costituisce solo un meccanismo atto a facilitare il godimento e la trasmissione della verità già conosciuta.
     
      Ma se ciò è completamente vero pei sillogismi di cui abbiamo parlato finora, sarebbe commettere un gravissimo errore il ritenere che le stesse considerazioni siano applicabili ai sillogismi di qualunque specie. Se la tendenza naturale alle generalizzazioni troppo affrettate ci inducesse anche solo per un momento ad abbracciare tale opinione, basterebbe riflettere ai continui trionfi che, dai greci fino a noi, il sillogismo è andato e va riportando sempre nel campo delle scienze matematiche, nelle quali esso costituisce l’unico tipo ammesso di ragionamento e di prova, basterebbe la più superficiale occhiata al glorioso catalogo delle scoperte che la storia della meccanica ci presenta come risultati di ragionamenti deduttivi, per farci accorti dell’inganno in cui saremmo caduti.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483