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      È appunto seguendo questo procedimento che Galileo, come già accennai, arrivò alla più grande delle sue scoperte, quella che rese possibile la creazione della dinamica come scienza deduttiva, alla scoperta cioè di quella legge fondamentale del moto che si enuncia dicendo che, se più forze concorrono a determinare un dato movimento, esse, pel fatto di concorrere, non cessano di produrre ciascuna per proprio conto gli stessi effetti che produrrebbero se agissero da sole, contrariamente alla credenza, prima comunemente accettata, secondo la quale per esempio l’azione del peso in un grave lanciato si riteneva venisse per un certo tempo sospesa, o per lo meno radicalmente modificata, pel solo fatto di trovarsi associata a quella di un’altra causa di moto, rappresentata dall’urto o dalla spinta, colla quale il grave veniva lanciato. Prima che questa legge venisse scoperta e chiaramente formulata, il meccanico che si fosse proposto di determinare deduttivamente il moto prodotto dall’azione simultanea di più forze, di ciascuna delle quali gli fosse anche stato perfettamente noto il modo di agire, si trovava di fronte alle stesse difficoltà a cui spesso urterebbe oggi un chimico, che si proponesse di determinare a priori le proprietà di un composto, giovandosi solo della sua conoscenza delle proprietà dei componenti.
      Ciò che ho detto sin qui, sulle condizioni da cui dipende la diversa applicabilità e fecondità del metodo deduttivo nei vari campi d’indagine, ci permette anche di farci facilmente un’idea della natura dei vantaggi che il suo impiego apporta, in tutti i casi nei quali esso si presenta come possibile, e di intendere quali siano le ragioni dell’opinione, comunemente e quasi istintivamente accettata, secondo la quale l’estendersi del campo d’azione del ragionamento deduttivo è da considerarsi come desiderabile e corrispondente a un effettivo progresso delle scienze in cui ha luogo.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Galileo