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      Osservazioni affatto analoghe alle precedenti si possono ripetere a proposito delle obbiezioni che furono sollevate contro la profonda analisi a cui David Hume assoggettò il concetto di «causa», e contro la sua affermazione che per causa d’un fenomeno non si può intendere altro che l’insieme delle circostanze la cui presenza è necessaria e sufficiente perché il fenomeno abbia luogo. Non ci deve sembrar strano che questa affermazione sia stata riguardata come equivalente a negare l’esistenza, o almeno la conoscibilità, delle «vere cause», quando si pensi come, ancora al presente, scienziati eminenti esprimono il loro giudizio sul compito della ricerca scientifica dicendo che essa non ha di mira la determinazione delle «cause», ma si deve limitare a indagare le leggi che regolano il succedersi dei fenomeni, come se l’una cosa fosse diversa dall’altra, e come se «scoprire le cause d’un fenomeno» potesse voler dire qualche cosa di più o di diverso dal determinare quali sono le circostanze dalle quali esso si trova costantemente preceduto, e la cui presenza è sufficiente affinché esso si verifichi.(54)
      Un esempio concreto di questo genere di equivoco ce lo fornisce la frase divenuta ora quasi banale: che l’oggetto della meccanica non è quello di spiegare, ma bensì quello di descrivere nel più semplice modo possibile i fenomeni del movimento. Con questa frase infatti noi veniamo a stabilire un contrasto tra descrizione e spiegazione, senza por mente che lo spiegare non è in fondo che uno speciale modo di descrivere, caratterizzato solo da ciò che in esso noi facciamo più largamente uso, da una parte, di processi di comparazione e, dall’altra, di argomentazioni deduttive mediante le quali riusciamo a far rientrare in una stessa categoria, e a poter considerare come casi particolari d’una stessa legge, fenomeni che, a chi li esamini superficialmente, appariscono come affatto diversi e non aventi tra loro alcun legame.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





David Hume