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      Era quindi naturale che la moralità d’una data azione venisse a essere riguardata come qualche cosa di indissolubilmente connesso colla sua obbligatorietà, effettiva o desiderata, e che il riconoscimento della giustizia e il sentimento dell’obbligo finissero per fondersi in un solo concetto.
      La tendenza a identificare la prova della moralità d’un dato modo di agire colla constatazione della sua conformità a delle prescrizioni imposte da qualche autorità esteriore era poi resa ancora più irresistibile dall’influenza delle credenze religiose, le quali, rivestendo la Divinità, nello stesso tempo, degli attributi atti ad indurre i credenti all’adempimento dei suoi comandi (onnipotenza, onniveggenza ecc.) e degli attributi atti a giustificare i comandi stessi come morali (bontà, sapienza ecc.), veniva in certo modo a sovrapporre, e a presentare come emananti da una stessa fonte, tanto le ragioni a cui conveniva fare appello per giustificare una data norma di condotta, quanto gli incentivi e le sanzioni che ne potevano garantire l’osservanza. È nota, infatti, la parte importante che occupano nella storia della filosofia morale le argomentazioni alle quali i teologi furono costretti a ricorrere per rispondere alla questione: «Se ciò che è giusto sia tale perché comandato da Dio o sia comandato da Dio perché è giusto».
      Messa così in luce la distinzione tra quella parte dell’etica, che si propone lo studio delle condizioni e dei mezzi capaci di spingere gli uomini all’osservanza di date norme di condotta, o a sviluppare in essi le attitudini che a tale osservanza predispongono, e l’altra parte, il cui compito è invece quello di determinare quali, tra le varie possibili norme di condotta, debbano essere riconosciute come giuste e quali no, l’autore nota, a ragione, come la prima di queste due parti sia piuttosto da riguardare come di pertinenza della psicologia, di cui, insieme, per esempio, all’arte di educare, costituisce un’applicazione, precisamente allo stesso modo come la metallurgia o l’arte del tintore costituiscono un’applicazione della chimica, o l’idraulica un’applicazione dell’idrodinamica.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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