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      La filosofia potrebbe allora cooperare, insieme a un’altra scienza eminentemente coordinatrice, la geografia (e, aggiungerei io, insieme anche alla storia delle scienze, disciplina di cui si va sempre più riconoscendo la grande importanza, e che, non ostante, come una vera Cenerentola, non trova posto in nessuna facoltà) ad impedire che gli specialisti, siano essi scienziati o letterati, si rinchiudano nelle loro ricerche particolari perdendo di vista l’universalità e l’unità del sapere e i rapporti delle scienze fisiche colle morali.
      La stessa quistione si va ora ventilando anche in Francia, dove pure gli inconvenienti sopra indicati sono meno gravi che da noi. È dedicato ad essa un elaborato articolo di E. Goblot, nell’ultimo numero della "Revue de Metaphysique et de Morale" (Janvier, 1902), nel quale la proposta stessa del Faggi è avanzata, indipendentemente, in termini pressoché identici, colla sola variante che il Goblot esigerebbe, dai candidati alla laurea di filosofia, il previo conseguimento, non di una soltanto, ma di due tra le licenze speciali conferite dalle altre facoltà. Il Goblot si riattacca a un precedente notevole articolo, pubblicato nella stessa rivista dal Bouasse, professore di fisica nella università di Tolosa, articolo in cui venivano messe in luce, con finissima ironia, le conseguenze, disastrose per la serietà e la dignità degli studi filosofici, derivanti dal fatto che la maggior parte (per non dire tutti) dei professori di filosofia che si assumono l’ufficio di discutere dei fondamenti delle scienze, o di caratterizzare i metodi e i procedimenti logici di cui gli scienziati si servono nelle loro indagini, ignorano delle scienze stesse perfino i più indispensabili elementi, e non sono neppure in grado di comprendere il significato dei termini tecnici propri a ciascuna di esse, pur non sapendo astenersi dal farne uso nel modo, come è naturale, il più ridicolmente spropositato: dando luogo a tutto un genere, per nostra sventura copiosissimo, di produzione letteraria, nel quale il linguaggio augusto della scienza è assoggettato a uno scempio poco differente da quello che ha subito il latino di Virgilio e di Orazio negli scritti di Merlin Coccajo e degli altri poeti maccheronici.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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