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      E tale ufficio è tanto distinto da quello di giudicare del pregio rispettivo dei vari fini che l’attività umana può proporsi, quanto, per esempio, l’abilità che può avere un chimico a fabbricare sostanze esplosive è distinta dalla competenza e dall’attitudine (che può essere maggiore in un perfetto ignorante di chimica) a giudicare della rispettiva convenienza o importanza dei vari usi ai quali tali sostanze possono venire applicate.
      L’attribuire maggior pregio a un fine piuttostoché a un altro, il preferire, per usare la frase ormai divenuta classica del Nietzsche, una data «tavola di valori» ad un’altra, l’aderire a una concezione della vita e dei suoi scopi piuttosto che ad un’altra, non è affare di scienza o di ragionamento, o, in tutti i casi, non di sola scienza né di solo ragionamento, ma è qualche cosa che riguarda il carattere, il temperamento, i sentimenti, i gusti, il particolare modo di «essere» di ciascun uomo o di ciascun popolo. Lo sviluppo dei sentimenti morali, sia nell’individuo che nella razza, per quanto e comunque possa essere connesso allo sviluppo delle cognizioni e delle attitudini intellettuali, è qualche cosa di affatto distinto da questo; così i grandi scopritori e inventori che hanno cooperato all’avanzamento delle scienze son ben lontani dal coincidere coi grandi iniziatori o interpreti di nuove forme di sentimento, e di nuove idealità morali ed estetiche, o coi fondatori o propagatori di nuove religioni o di nuovi criteri di giustizia sociale.
      Anche il linguaggio ordinario del resto, espressione in questo caso di un sano senso comune, si ribellerebbe a qualificare qualunque dei grandi principi caratterizzanti la morale della nostra civiltà, quale per esempio quello della inviolabilità della vita umana o quella del soccorso ai deboli o ai sofferenti, come delle «scoperte» e più ancora come delle «invenzioni» scientifiche, per quanto la scienza possa aver contribuito a farci riconoscere i vantaggi sociali di tali sentimenti, o a fornirci i mezzi per coltivarli e favorirne lo sviluppo.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Nietzsche