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      E se tale circostanza non impedisce che nelle scienze fisiche un dato fatto si qualifichi come causa di un altro, non si vede ragione perché essa debba essere riguardata come un ostacolo a ciò quando si tratta della volontà umana.
      Un’altra forma che oggi frequentemente assume il pregiudizio di cui stiamo parlando ci è offerta dal modo volgare di intendere quella che si chiama la concezione materialistica della storia. Questa si fa da molti consistere nel riguardare le condizioni economiche come i soli fattori efficaci dello sviluppo e delle trasformazioni sociali, e nel qualificare tutte le altre manifestazioni della vita collettiva, e in particolare le più elevate, come semplici superstrutture o riflessi ideologici di quelle, prive per se stesse di qualunque efficacia o impulso direttivo.
      Anche contro i sostenitori di questa teoria si potrebbe osservare, come nel caso precedente, che l’ammettere l’influenza preponderante dei rapporti economici, nella formazione e nello sviluppo delle singole specie di attività cui dà luogo la convivenza umana, non implica che queste ultime non possano alla lor volta agire come cause modificatrici della struttura e della vita stessa economica delle società in cui si manifestano. Più che di un rapporto di causa ed effetto si tratta qui, come è merito soprattutto degli economisti della scuola matematica l’aver fatto rilevare, di un rapporto di mutua dipendenza, analogo a quello che sussisterebbe, per esempio, tra le posizioni di due sfere pesanti sostenute da una superficie concava, ciascuna delle quali può essere qualificata come causa della posizione che occupa l’altra, nel senso che ciascuna di esse obbliga l’altra ad assumere una posizione diversa da quella che assumerebbe se fosse sola.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483