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      Vi sono tuttavia delle ragioni che possono, entro certi limiti, giustificare la nostra tendenza ad applicare piuttosto all’uno che all’altro di due fatti mutuamente dipendenti la qualifica di cause. Tali ragioni sono precisamente le stesse dalle quali, quando ci troviamo di fronte a un complesso di condizioni che insieme concorrono alla produzione di un dato effetto, siamo indotti a scegliere una parte soltanto di esse per applicar loro, ad esclusione delle rimanenti, il nome di «cause».
      Non tutte, infatti, le condizioni dal cui concorso dipende il verificarsi di un dato fatto presentano per noi lo stesso interesse, e anche qui l’esempio delle scienze fisiche è utile a chiarire i motivi e i criteri dai quali tale differenza di interesse è determinata.
      La distinzione tra causa ed effetto, e questo è vero ancora più per le scienze sociali e storiche che non per le scienze fisiche, è una distinzione essenzialmente d’indole pratica, e che si rapporta, in un grado più o meno diretto, alla rappresentazione che noi ci facciamo del modo e dell’ordine in cui dovremmo, o vorremmo, procedere per modificare l’andamento dei fatti di cui si tratta, e adattarli ai nostri fini e ai nostri desideri.
      È perciò che, come osserva Hobbes, «quaeruntur causae non eorum quae sunt, sed eorum quae esse possunt». Ed è questa anche la ragione per la quale nelle scienze storiche e sociali la ricerca delle cause è atta spesso a condurre a conseguenze affatto diverse a seconda dei sentimenti o delle preoccupazioni politiche e morali del ricercatore.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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