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      Le ipotesi, che in tal modo vengono a essere costruite, non soltanto non cessano di essere accettabili per il fatto di essere false, ma si presentano al contrario come tanto più atte a servire al loro scopo quanto meno esse sono vere, quanto più cioè sono numerosi i caratteri che esse riescono a trascurare nella rappresentazione, convenzionale e schematica, che ci danno dei fatti ai quali si riferiscono.
      Né i casi di questo tipo sono i soli nei quali la preferenza per una data ipotesi matematica si presenti come determinata e giustificata da motivi non aventi alcun rapporto colla sua verità o colla sua maggiore o minore conformità ai fatti «reali».
      Non meno istruttivo a questo riguardo è quello offerto dalle nuove ricerche cosiddette di geometria non euclidea. È noto infatti come lo sviluppo di queste ultime abbia condotto a riconoscere come alcuni almeno degli assiomi, che stanno a base della trattazione tradizionale della geometria, potevano anche essere sostituiti da altri, i quali affermassero precisamente il contrario, senza che per questo venisse meno la possibilità di costruire un edificio teorico altrettanto coerente ed armonico in tutte le sue parti quanto quello costruito sugli antichi fondamenti, e non meno di esso compatibile colle constatazioni sperimentali, dati gli stretti limiti entro ai quali queste sono inevitabilmente confinate. Ed è diventata ormai banale la frase, ripetuta recentemente anche dal Poincaré, che il domandarsi se la geometria euclidea sia vera o non vera, in confronto alle altre geometrie che si potrebbero costruire e adottare in suo luogo, ha così poco senso come il domandarsi se sia più vero il sistema metrico decimale o l’uno o l’altro dei vecchi sistemi di misura: «Una geometria non può essere più vera di un’altra: essa può solamente essere più comoda» (Poincaré, Science et hypothèse, p. 67).


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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