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      Ora è da notare che appunto di segni indicanti relazioni (uguaglianza, disuguaglianza, rapporti di situazione, di direzione, di grandezza, ecc.) si compone la parte più importante ed essenziale del linguaggio matematico, e che nella stessa categoria rientrano anche i segni esprimenti funzioni ed operazioni, poiché anch’essi non possono esprimere alcun fatto o asserzione determinata se non vengano seguiti, o accompagnati da altri segni indicanti gli oggetti o le quantità sulle quali l’operazione s’intende eseguita.
      D’altra parte l’indicazione degli oggetti o del valore delle quantità su cui si opera è appunto ciò che la matematica tende a evitare il più possibile.
      I suoi progressi, come si vede anche solamente dal confronto tra l’aritmetica e l’algebra, consistono anzi precisamente nel rendere le sue conclusioni al massimo grado indipendenti dall’assegnazione di qualunque speciale valore alle quantità o agli oggetti tra i quali hanno luogo le relazioni che essa considera.
      Né questo è ancora l’ultimo limite al quale si spinge l’aspirazione caratteristica della matematica a spogliare, o (per esprimere la stessa cosa con una metafora opposta, e forse meglio appropriata) a vuotare, quanto più può, di ogni significato i segni e le parole di cui si serve. Assai più avanti nella stessa direzione si va procedendo nelle regioni più astratte e speculative del suo dominio.
      Voglio alludere ai nuovi indirizzi di ricerca rappresentati da una parte dalla cosidetta teoria delle relazioni, quale è concepita negli scritti di Ch. S. Peirce, e dall’altra dalla logica matematica specialmente sotto la forma che essa è andata recentemente assumendo, per opera della scuola italiana della quale sta a capo il Peano.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





S. Peirce Peano