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      È in questo senso che la teoria diventa tanto più perfetta, e si avvicina tanto più al suo ideale, quanto maggiormente diventa suscettibile di essere sviluppata indipendentemente da ogni riferimento agli oggetti o alle relazioni di cui essa tratta, e alle quali essa è capace di venire applicata; cioè, chi la costruisce è in grado di riguardarla come una pura creazione del suo proprio arbitrio.
      Che esistano, o non esistano, delle relazioni o delle operazioni che soddisfino alle ipotesi da cui egli prende le mosse, che, cioè, il mondo nel quale viviamo offra o non offra esempi di relazioni che godano delle proprietà delle quali egli si occupa di indagare la possibilità o la reciproca dipendenza, è una questione della quale il matematico, come tale, si preoccupa così poco, come il musico di sapere se un dato accordo o una data melodia corrisponda a qualche suono o rumore che si riscontri in natura.
      Questo carattere della speculazione matematica, nel mentre costituisce il principale tratto che la distingue da ogni altra specie di ricerca scientifica, rende manifesta, d’altra parte, l’intima e fondamentale affinità che sussiste tra essa e l’attività creatrice dell’artista.
      Como, 6 maggio 1904.
      [XII]
     
      IL RUOLO DEI PARADOSSI IN FILOSOFIA
     
      Pubblicato in "Revue de philosophie", gennaio 1905, col titolo Le róle des paradoxes dans la philosophie. Poi in Scritti, PP. 555-60.
     
      A un antico filosofo viene attribuita l’osservazione, spesso citata, che non esiste opinione tanto assurda da non essere stata adottata da qualche filosofo.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Scritti