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      Orbene è proprio nel corso di questo tipo di ricerche che i filosofi sono più frequentemente indotti a formulare delle conclusioni o ad enunciare dei punti di vista che urtano la ragione volgare come paradossi o negazioni di verità evidenti.
      Non è difficile trovare la spiegazione di tale fatto, soprattutto se si trae profitto dall’osservazione di fatti analoghi a cui il medesimo procedimento di analisi dà luogo in quelle scienze positive che hanno maggiore occasione di usarlo, cioè nelle diverse parti della matematica.
      Per citare un esempio recentissimo, quando i matematici, che coltivano quella nuova branca delle scienze matematiche nota come teoria degli insiemi, rifiutano di ammettere l’assioma il quale afferma che il tutto è più grande delle sue parti, e ammettono al contrario che vi possano essere dei «tutti» addirittura uguali a ciascuna delle parti che concorrono a costituirli, enunciano una proposizione che si può ben qualificare come paradossale, e anche come una contradictio in adiecto.
      Eppure questo paradosso è solo una conseguenza inevitabile e perfettamente legittima dell’adozione di un nuovo e più generale criterio per giudicare l’uguaglianza o la non-uguaglianza di due insiemi composti d’un numero finito o infinito d’elementi; esso non esprime niente di più paradossale di ciò che già si esprimerebbe affermando che i punti di due segmenti di lunghezza disuguale possono corrispondersi gli uni agli altri in modo tale che a ciascun punto di uno dei due segmenti corrisponda da un solo punto dell’altro e viceversa.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483