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      La relazione tra le premesse e le conclusioni di un ragionamento deduttivo non è quindi correttamente descritta dal dire che queste si appoggiano su quelle, a meno che, all’immagine volgare di un oggetto appoggiato a un altro, si sostituisca l’altra, più generale e più scientificamente precisa, di due corpi che si attraggano e dei quali quindi ciascuno, quando sia a contatto con l’altro in modo che si eserciti pressione tra loro, può esser riguardato come sostegno dell’altro.
      Il domandarsi allora su che cosa poggiano le verità fondamentali, alle quali un dato ordine di deduzioni dà luogo, apparirebbe non meno irragionevole del chiedere, per esempio, perché la terra resti sospesa nel vuoto e perché non abbia bisogno di sostegni che la sorreggano.(85)
      Analoghe osservazioni si applicano all’immagine che rappresenta le conclusioni come attaccate alle premesse per mezzo del filo del ragionamento. Anche con questa immagine, infatti, la diffusione e la comunicazione della certezza sono concepite come effettuantisi in una sola direzione, cioè dalle premesse alle conclusioni: non si tien conto, cioè, del fatto, che la deduzione può servire anche allo scopo opposto, allo stesso modo come la corda colla quale si legano tra loro degli alpinisti in una ascensione pericolosa serve tanto a garantire la sicurezza dell’ultimo come del primo di essi, o di qualunque altro di quelli che ne sono avvinti.
      I processi deduttivi, nei quali la certezza delle affermazioni, che si prendono come punto di partenza, prevale su quella delle conclusioni alle quali esse conducono, si qualificano ordinariamente col nome di dimostrazioni, mentre quelli nei quali il contrario avviene, nei quali, cioè, dei fatti sicuri sono riattaccati a premesse discutibili, si qualificano ordinariamente col nome di spiegazioni.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483