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      Tale parte è da noi scelta, e considerata separatamente dalle altre, non già perché essa concorra più di esse a produrre l’effetto, ma perché a noi preme di tenerla presente come la più variabile o modificabile, o come quella sulla quale speriamo di potere più facilmente influire: come quella insomma della cui necessità o indispensabilità abbiamo maggior motivo di voler essere informati. Così, ad esempio, a nessuno verrebbe in mente di dire che la causa della morte di un uomo caduto in acqua sia il fatto che egli era vivo, nonostante che la vita sia certamente un antecedente costante e invariabile di ogni genere di morte compreso quello in questione. Col dire invece che la causa è stata l’ignoranza del nuoto o la profondità dell’acqua o la lubricità del fondo o l’assenza di persone che s’accorgessero del pericolo in tempo per portar soccorso ecc., si accenna di volta in volta a quelli, tra gli antecedenti, che ci suggeriscono dei rammarichi o ci indicano delle responsabilità o pongono in luce in qual modo l’effetto avrebbe potuto esser impedito.
      È ciò che si trova espresso chiaramente anche dal significato originario delle parole con le quali la causa è designata: il nome greco di causa equivale infatti a quello di colpa, e la parola stessa latina «causa» pare si connetta al verbo «caveo», al concetto quindi di un mezzo o rimedio preventivo contro l’effetto.
      [XVIII]
     
      LA RICERCA DELL’IMPOSSIBILE
     
      Pubblicato su "Leonardo", a. III, ottobre-dicembre 1905. Poi in Scritti, pp. 659-66.
     
      Cercare quali conseguenze si devono accettare quando si ammettano date premesse, e cercare invece quali premesse possano essere accettate o rifiutate da chi intenda raggiungere date conclusioni, sono due questioni che si possono in certo modo qualificare l’una come inversa dell’altra, nello stesso senso in cui, per esempio, in matematica le questioni di integrazione sono dette inverse di quelle di differenziazione.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Scritti