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      Così l’introduzione del concetto di «definizione possibile» (Dfp.) ha fatto riconoscere chiaramente il carattere tutt’affatto relativo della distinzione tra le «proprietà essenziali» di una data figura o ente matematico e le altre proprietà da esso possedute. Parimenti la distinzione tra proposizioni affermative e proposizioni negative, e quella tra proposizioni particolari e proposizioni generali, sono state assorbite nella sola e più importante distinzione tra proposizioni affermanti la dipendenza tra due fatti (sparendo cosi la distinzione tra proposizioni generali categoriche e ipotetiche) e proposizioni affermanti la «possibilità» o la «non assurdità» del contemporaneo verificarsi di due o più fatti.
      Il riconoscimento del carattere ipotetico delle proposizioni generali ha anche cooperato a far rivolgere l’attenzione alle «restrizioni tacite», o alle limitazioni non enunciate, da cui dipende la loro validità. È un buon esempio di ciò l’osservazione del Maxwell (riportata dal Ròiti nei suoi Elementi di Fisica, 1894, p. 65): che anche le più semplici proposizioni sulle aree, ad esempio quella che «l’area d’un triangolo è data dalla metà del prodotto della base per l’altezza sua», cesserebbero di essere vere se, invece di prendere per unità di misura delle aree il quadrato avente per lato l’unità di lunghezza, si prendesse il triangolo, avente per base e altezza tale unità.
      Le quali considerazioni si connettono strettamente a quelle dalle quali i pragmatisti sono stati condotti a una più precisa determinazione del contrasto espresso dal linguaggio comune coll’opporre le «leggi» ai fatti, ed a porre sotto una forma affatto nuova la classica controversia tra deterministi e contingentisti.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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