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      Il concetto platonico della «giustizia», definito dalla frase: «ognuno faccia ciò che è affare suo» (ta auton prattein), è a ragione citato dal Calderoni in appoggio della concezione della morale da lui sostenuta, concezione di cui uno dei caratteri fondamentali è appunto quello di reagire contro la tendenza dei moralisti in genere a riguardare l’uniformità e la «generalizzabilità» come un pregio delle massime morali e come uno dei principali criteri della loro legittimità.
      Nell’insistere sull’importanza di tener conto anche in morale, non meno che in economia, delle circostanze che rendono necessaria e vantaggiosa la divisione del lavoro o la differenziazione delle attitudini, delle funzioni, dei doveri, delle virtù, il Calderoni è arrivato, indipendentemente, a conclusioni perfettamente coincidenti con quelle raggiunte, quasi nello stesso tempo, anche da un altro giovane psicologo, il Moore (Principia ethica, Cambridge, 1903). Il contrasto, nel quale ambedue vengono a porsi col concetto tradizionale della morale come un insieme di norme universali e assolute, non potrebbe essere più efficacemente caratterizzato che col paragone, del quale si serve appunto il Calderoni, della società con una barca sovraccarica, nella quale l’opportunità di sedersi da una parte piuttosto che dall’altra dipende strettamente dal numero di persone che già vi si trovano.
      [XXI]
     
      PER UN’ANALISI PRAGMATISTICA DELLA NOMENCLATURA FILOSOFICA
     
      Pubblicato su "Leonardo", a. IV, aprile-maggio 1906. Poi in Scritti, pp.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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