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      È in queste prime applicazioni delle dottrine matematiche alla spiegazione e alla previsione dei fenomeni del mondo fisico che Platone trovava la prova e la conferma più convincente della potenza, che la mente umana è atta ad acquistare per mezzo della disciplina logica, «di riconoscere come connesse e affini le cose apparentemente più diverse e contrastanti» (Proclo), di rintracciare, cioè, nel caos dei fatti che si presentano all’osservazione e all’esperimento, le leggi invariabili a cui essi si conformano.
      Della situazione in cui Platone riteneva si ritrovasse a tale riguardo il filosofo o lo scienziato egli ci dà una rappresentazione simbolica nella celebre immagine della caverna e dei prigionieri legati e obbligati, in essa, a guardare soltanto le ombre proiettate, su una parete, da oggetti che passano di dietro alle loro spalle.
      Ed è a questa stessa situazione che si riferiscono le frasi nelle quali lo studio della geometria è qualificato come avente una forza «sollevatrice, depuratrice», e come atto a riaccendere quell’«occhio dell’anima», che Platone afferma essere più prezioso e più degno di essere curato e conservato «di quanto non siano migliaia di occhi corporali» (Rep., VII, 527 E).
      [XXII]
     
      RECENSIONE A P. ENRIQUESPROBLEMI DELLA SCIENZA
      BOLOGNA, 1906
     
      Pubblicata su "Leonardo", a. IV, agosto 1906. Poi in Scritti, PP. 721-5.
     
      Il presente volume dell’Enriques appartiene a quella classe di pubblicazioni che, come quelle ad esempio del Poincaré e del Duhem, del Milhaud, del Leroy in Francia, del Mach, del Petzold, del Volkmann in Germania, del Jevons, del Clifford, del Pearson in Inghilterra, uniscono al carattere di opere di volgarizzazione l’altro, apparentemente opposto, di opere dirette a richiamare l’attenzione degli scienziati e degli specialisti sui lati meno volgari della loro speciale attività scientifica, e a reagire contro la tendenza sempre maggiore di questa a deprimersi, per effetto della divisione del lavoro, al livello di un automatismo semicosciente poco diverso da quello rappresentato dall’attività di un operaio che prepari sempre gli stessi pezzi di una macchina, del cui modo di funzionare, o dei cui scopi, egli può anche non avere alcuna idea.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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