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      L’uso da parte degli scienziati di termini astratti di cui non è possibile dare una definizione di tipo ordinario viene considerato da questi critici come una prova dell’incapacità della scienza a percepire le «essenze» e le «cose in sé» e a darci informazioni a proposito di queste.
      A tali rimproveri non si può rispondere meglio che segnalando l’origine artificiale di tali nozioni, analizzando la loro funzione nella ricerca scientifica e nella rappresentazione dei suoi risultati e indicando quali sono stati i fini e i vantaggi (facilità di generalizzazione, economia di pensiero, suggestività, ecc.) in vista dei quali gli scienziati sono stati condotti ad introdurre o adottare i termini che vi corrispondono.
      Le stesse considerazioni si applicano anche a un’altra classe di definizioni, il cui uso è però quasi esclusivamente limitato alle scienze matematiche.
      Si tratta delle definizioni che nel Formulario di Peano sono indicate come «definizioni per postulati» e si hanno quando una classe di oggetti è caratterizzata non (come avviene nelle definizioni comuni) dall’assegnazione di una proprietà posseduta singolarmente da ciascuno di essi, ma da proprietà che si riferiscono alle relazioni che sussistono o che si suppone sussistano tra di essi, o alle operazioni a cui si può o si vuole sottoporli.
      Ai problemi delle definizioni si riallacciano quelli dello sviluppo del linguaggio tecnico della filosofia e delle scienze.
      In particolare, per ciò che si riferisce alla terminologia matematica, bisogna considerare come uno dei risultati più notevoli del simbolismo introdotto da Peano, e applicato da lui e dai suoi collaboratori alle diverse branche dell’analisi e della geometria, l’aver contribuito a riconoscere in molti dei principali progressi delle scienze matematiche, dovuti agli scienziati moderni, semplici risultati dell’introduzione di nuovi mezzi più comodi, più rapidi, più sistematici di rappresentazione e messa in opera dei procedimenti già noti e introdotti dai loro predecessori.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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