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      Sull’efficacia e sulla radicalità di questo rimedio non vi è da sollevare alcun dubbio. Ma i filosofi, e specialmente quelli che, come i monisti, ne hanno più bisogno, consentiranno a lasciarselo applicare? Non rigetteranno quel criterio come una camicia di forza insopportabile?
      I pragmatisti sperano ad ogni modo di riuscire così almeno a risvegliare nei filosofi la coscienza che le esercitazioni intellettuali alle quali essi si dedicano di preferenza - quali l’astrazione, la identificazione dei contrari, la ricerca delle essenze, ecc. - tanto valgono quanto sono efficaci come mezzi per conoscere, per sapere, per prevedere, e che, indipendentemente dal raggiungimento di questi scopi, l’attitudine a fabbricare concetti generali, o universali, e a vedere in ogni cosa «l’uno» e il «generale», è così poco comoda e così poco desiderabile quanto la facoltà, che fu concessa al re Mida, di trasformare in oro tutto quello che toccava.
     
      Roma, 16 giugno 1907
      [XXVII]
     
      LA GRAMMATICA DELL’ALGEBRA
     
      Pubblicato nella "Rivista di psicologia applicata", n. 4, luglio-agosto 1908. Poi in Scritti, pp. 871-89. Il testo che compare nel volume degli Scritti comprende anche brani (quelli tra parentesi quadre), assenti dalla "Rivista di psicologia" e che appartengono ad un tiposcritto, trovato fra le carte di Vailati, servitogli per la Comunicazione da lui presentata al Congresso della "Società per il progresso delle scienze", e che in parte fu riprodotto in una nota critica nella rivista "Scientia", vol. VI, 1909, intitolata: Pour une étude de l’Algèbre au point de vue linguistique.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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