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      Anche quando tali previsioni, come nel fatto per lo più avviene, non sono chiaramente presenti al pensiero, esse si fanno palesi non appena l’individuo sia stimolato a convalidare le proprie affermazioni.
      Così quando diciamo, per esempio, che forse la nostra contentezza o felicità è illusoria, che la nostra stanchezza è più apparente che reale, che crediamo sentire ma non sentiamo, ecc., ciò che vogliamo dire è che questi stati d’animo saranno di breve durata, che le azioni che compiremmo se fossimo posti a cimento li smentirebbero, ecc.
      È nello stesso senso che parliamo di «falsi piaceri», di «preferenze sbagliate», sebbene il piacere o la preferenza siano fatti immediati e incontestabili. Ciò, che intendiamo di dire con tali frasi, è solo che l’apprezzamento dell’individuo cambierebbe se qualche conseguenza che egli non sa fosse portata a sua conoscenza, o se la sua attenzione fosse rivolta a qualche fatto a cui egli momentaneamente non pensa.
      Gli apprezzamenti e le stesse credenze di un individuo possono inoltre essere riguardate come soltanto apparenti, se le sue azioni non vi si «conformano», se egli cioè non si mostra disposto a quelle scelte, o a quei sacrifizi che ne sono per noi la prova. Così parliamo di compassione, di entusiasmo fittizi, diciamo che la tale persona crede di amare e non ama, mostrando con ciò che coll’asserire che il tale è entusiasmato o innamorato non intendiamo soltanto affermare la presenza in lui di uno stato d’animo, ma anche per così dire di programmi di «azione» o di disposizioni ad agire in dati modi.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483