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      Se Euclide avesse adottato, invece di questa definizione, l’altra, che può apparire più «naturale», basata invece sulla proprietà che hanno le parallele di mantenersi sempre alla stessa distanza l’una dall’altra, egli si sarebbe trovato nell’impossibilità di dedurre dalle proposizioni fondamentali, adoperate nel primo caso, l’esistenza o costruibilità di rette parallele in questo secondo senso.
      Il non accorgersi di ciò, il credere cioè che tali ulteriori proposizioni fondamentali potessero essere rese superflue mediante la adozione della seconda definizione al posto della prima, era il torto di quei geometri, come per esempio il Borelli, contro i quali si trovò a dover lottare Gerolamo Saccheri nella sua opera Euclides ab omni naevo vindicatus, che è di così grande importanza per la storia delle idee moderne sulla geometria non euclidea.
      Il sofisma da essi commesso fu qualificato dal Saccheri medesimo come «fallacia definitionis complexae», in quanto consiste nel credere che le definizioni, nelle quali si attribuisce a ciò che si definisce il simultaneo possesso di diverse proprietà, possano essere senz’altro adoperate nelle dimostrazioni senza avere prima accertato la compatibilità delle proprietà medesime.
     
      2) Al caso, finora considerato, delle frasi che non asseriscono nulla perché sono, o hanno finito per essere, «vere per definizione», fa riscontro l’altro delle frasi che non asseriscono nulla per una ragione in certo modo opposta: pel fatto cioè di essere, o di essere diventate, «false per definizione».


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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