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      Ci fu una lunga pausa.
      - Ascoltate ora un mio consiglio, o compagni! Qualunque possa essere la risposta, ve lo dico in coscienza, non dovete insistere. Questo non è il giorno. (Fu interrotto da una voce: E quand l'è ch'el vegnarà el dì?). Ho detto che questo non è il giorno; perché tutto è preparato per le più feroci repressioni. Il popolo deve essere abile e scegliere lui il giorno in cui si crederà preparato e organizzato per la vittoria. Non è oggi il giorno per la battaglia in piazza (grida e interruzione in vario senso). Sono di parere che dobbiamo limitarci a una cosa per volta. Ora dobbiamo liberare un nostro compagno, insistiamo per la sua liberazione.
      E siccome la massa era assai eccitata e le pareva poco quello che le offriva il deputato del quinto collegio, così il Turati fu obbligato a ripetere quello che aveva detto.
      - Vi ripeto, compagni, non dobbiamo lasciar scegliere all'autorità il giorno della battaglia. Oggi vi dico che sarebbe massacro! Fidatevi di me in questo momento: oggi è una rovina! Contentatevi della scarcerazione.
      La cosa si era fatta seria. Su circa tremila operai non ne erano entrati, tra uomini e donne ottocento. In uno dei cortili erano stati introdotti, alla chetichella, un centinaio di soldati, i quali caricavano i fucili. Di fuori, in giro per l'edificio, tutte le entrate e tutte le uscite erano bloccate da un cordone di quattro file di soldati. Il fischio delle sei fu un sollievo per tutti. Uscimmo alla spicciolata, passando per la corte zeppa di soldati di fanteria, dai corridoi che precedono la porta d'uscita, e poi tramezzo agli altri soldati allineati sui marciapiedi.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Turati