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      Più tardi, dopo il ran ran, i passanti sembrano degli sconosciuti. Nessuno dice addio all'altro. Vanno via rasente ai muri come incalzati da un vento impetuoso. Invece c'è un sole che abbrustolisce. Io sono nel sole che scalda la mia desolazione. La paura è nell'aria. Qua e là si chiudono le imposte. Pare che tutta la gente stia per andare in campagna. Buon viaggio! Mi trovo in via S. Vincenzino. Non c'è nessuno, non c'è anima viva. Che cos'ho anch'io? Sono inquieto, nervoso, trasalisco per nulla. Mi si è chiamato? Chi mi ha chiamato? Mi sono voltato indietro convinto di aver qualcuno alle calcagna. Parola d'onore, ho tremato. Vile! Prima di sbucare in via Meravigli vedo passare un delegato con la sciarpa lungo il panciotto, un ufficiale con la spada sguainata e un drappello di soldati a baionetta in canna. Dove vanno? Raddoppio il passo sulle loro pedate. Passano e sollevano il vespaio nel cervello dei passanti. Si fanno tutte le supposizioni. Il parrucchiere di via Meravigli chiude in fretta, come quando si ha paura che la tempesta infuri sui vetri. Raggiungo il drappello in Santa Maria Porta. Il delegato si volta e mi fa voltare dall'altra parte con un gesto. Tutti gli ordigni di questura sono diventati onnipotenti. Soldati, disse egli additandomi, fatelo tornare indietro. E i soldati si preparavano a curvare gli arnesi della civiltà moderna.
      Non c'è bisogno, mi dissi mentalmente. La disubbidienza può costarmi una fucilata senza che alcuno mi raccolga e agiti il mio cadavere come una bandiera.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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